
Khabab, Siria: emergenza sfollati
Violenti scontri nel mese di luglio hanno causato migliaia di morti, feriti e sfollati in Siria; ancora oggi la città di Sweida rimane sotto assedio e sta vivendo sofferenze e carenze di ogni genere. Le Suore della Carità di S. Antida si trovano a Khabab, nella Siria meridionale, dove sono arrivati un centinaio di rifugiati provenienti da diversi villaggi della regione, tra cui 40 famiglie: anziani, bambini e adulti che hanno lasciato le loro case senza portare nulla con sé, a volte nemmeno i documenti perché forse speravano che sarebbero rientrati molto presto.
In accordo col parroco, la sala della parrocchia di Santa Rita è stata trasformata in un rifugio. Sul pavimento, decine di materassi sono stati posizionati tra sacchi di vestiti e quel poco che queste persone sono riuscite a portare con sé prima di fuggire dalle loro case. Hanno tutti sofferto molto a causa di ciò che hanno visto come violenza e terrorismo. Alcuni di loro, per 20 giorni, hanno dovuto spostarsi più volte tra diversi rifugi, cercando sicurezza prima di arrivare a Khabab.
In questa situazione c’è spazio anche per la Misericordia che si manifesta in tanti gesti di solidarietà come ci racconta suor Mona:
“Fortunatamente, la gente di Khabab, insieme a quella dei villaggi circostanti, li sostiene il più possibile, moralmente e materialmente. La bontà e la solidarietà sono sempre presenti nel cuore dell’umanità, grazie a Dio. Nella loro povertà, trovano il modo di venire e condividere qualcosa con queste persone che hanno lasciato le loro case e ora sanno che non potranno tornarvi mai più perché, in seguito, tutte le loro case sono state saccheggiate e bruciate… persino spalate con le ruspe.
Tra i rifugiati ci sono anche molti anziani che hanno bisogno di cure, medicine… Chiediamo la vostra generosità per aiutare queste famiglie senza sapere quanto durerà il loro soggiorno, perché dove potranno andare dopo? Grazie per tutto quello che potete fare per alleviare le sofferenze dei nostri fratelli e sorelle. Che il Signore benedica il vostro lavoro e vi conceda le grazie di cui avete bisogno”.
Ai gesti degli abitanti di Khabab vogliamo unire i nostri e inviare un sostegno che raccogliamo con il codice 882G. Sarà tutto a favore di Amal, di Hoda e di tante altre persone, alcune delle quali ci hanno trasmesso testimonianze strazianti che condividiamo con voi.
La signora Amal, una donna di 75 anni, viveva da sola. Il 20 luglio, sua figlia le fece visita con tutta la famiglia e, poco dopo, si ritrovarono tutti sotto bombardamenti e colpi d’arma da fuoco da ogni dove; era scoppiata la guerra. “Siamo scappati tutti, senza capire cosa stesse succedendo, e abbiamo cercato rifugio nel villaggio vicino. Il giorno dopo, speravamo di poter tornare alle nostre case. Non era possibile e ci hanno chiesto di partire per un altro villaggio più lontano, e così via per 20 giorni, finché non siamo arrivati qui a Khabab”.
“Sono Hoda, sposata e ho avuto due figli, uno dei quali è morto. Sono incinta; l’ho scoperto solo qui in questo rifugio, a casa vostra a Khabab. È un segno, un barlume di speranza nel caos che abbiamo vissuto e che stiamo ancora vivendo. Sono dovuta fuggire con mio figlio, senza mio marito… Gli uomini sono rimasti indietro, presumibilmente a guardia delle case. Ma purtroppo, tutto è stato bruciato, distrutto. Abbiamo perso tutto, tutto. Non sono riuscita nemmeno a salvare la foto del mio piccolo che è morto. Tutti i nostri ricordi sono stati rubati in un batter d’occhio. Il mio bambino di 4 anni mi chiede dov’è il suo orsacchiotto, perché non glielo restituiscono… Grazie per la loro grande gentilezza al sacerdote, alle suore e alla gente di Khabab che, con un semplice gesto, sono riusciti a far tornare il sorriso sui volti dei nostri bambini e di noi stessi, mentre festeggiavamo i compleanni di due bambini… Sì, anche in mezzo all’angoscia, il Signore si rende presente attraverso i nostri fratelli e sorelle in umanità”.
“Abbiamo trovato rifugio inizialmente in una chiesa, ma le condizioni erano molto precarie, gli uni sugli altri, senza cibo né acqua. Ed eccoci qui, dopo essere stati in tre rifugi, qui a Khabab. Siamo qui, fino a quando? Come potremo vivere e pensare al futuro? Non abbiamo più una casa, né documenti, né… La nostra fede in Dio è grande. In questo momento, è difficile rimanere saldi in Lui e continuare a sperare… È la gioia e la forza della vita dei bambini che ci aiutano ad andare avanti e a voler vivere… Ma portiamo anche questo grande peso: trovare cibo, un riparo, andare a scuola, semplicemente vivere”.